Confession of a wifiaholic #3: tra smart e flash mob

Questa settimana ho partecipato ad un incontro in cui si discuteva (anche) del potere politico della parola in rete. Tiziano Scarpa, tra i creatori del blog Il primo amore, ha citato il Popolo Viola come esempio di forza della parola connessa. Il Popolo Viola è infatti stato studiamo come movimento web-based che non solo ha fatto sentire la propria voce attraverso la rete, ma sì è costituito grazie ad essa.
In questa stessa settimana, Torino e molte altre città italiane sono state attraversate dalla rivolta universitaria. Anche questo un movimento connesso che ho seguito su Facebook, grazie alle immagini condivise dai presenti alla manifestazione, e incrociato nel corridoio occupato di Palazzo Nuovo, intercettando la diretta trasmessa via web-radio.

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Le smart mob, le folle nomadi e connesse che, secondo Rheingold saranno la prossima rivoluzione sociale, stanno diventando QUESTA mobilitazione civica? Sì e no. Perchè, mentre in altri contesti l’innovazione tecnologia avanza mentre le pratiche sociali arrancano, in questo caso le pratiche sociali trainano la diffusione tecnologica. In mancanza di una rete Wi-Fi pubblica, la connessione cooperativa si costruisce come assemblaggio dei frammenti della miriade di connessioni private.

Tuttavia, il 2010, è stato anche l’anno della (ri)esplosione del fenomeno dei flash mob (la declinazione apolitica dello smart mob) come strumento di marketing e forma di comunicazione sociale.

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Per questo mi domando come potrebbero evolvere le forme di partecipazione, se la rete Wi-Fi uscisse dalle sale conferenze e dai locali per raggiungere la piazza.

Avete partecipato a manifestazioni coordinate attraverso strumenti di comunicazione mobile? Avete mai assistito ad un flash mob? Avete mai individuato Wi-Fi pubblici in spazi aperti come piazze e parchi?

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