Formazione in Digital Marketing a Torino | L’esperienza degli studenti # Carlotta Dell’Osa

Mi consigli un master in Digital Marketing? È la tipica domanda dello studente a 3 settimane dall’ultimo esame di laurea. La comunicazione digitale è infatti un ambito così ampio e in evoluzione talmente rapida che è difficile sentirsi preparati a sufficienza per affrontare il mercato del lavoro.  E così si cerca sempre un’altra opportunità di formazione.

Da un lato è un bene, perché chi si occupa di comunicazione deve entrare nell’ordine di idee che la formazione sarà qualcosa che lo accompagnerà in tutta la sua vita.

Dall’altro però è importante essere consapevoli che la formazione professionalizzante non ha le stesse caratteristiche di quella tipicamente scolastica o accademica. Non è possibile pensare di starsene seduti in aula a ricevere nozioni e magicamente grazie ad un attestato di partecipazione trovare un lavoro o avere acquisito le competenze per riuscire a gestire campagne di comunicazione e sviluppare strategie di marketing.

Il mio consiglio allora è sempre lo stesso: abbinare la teoria alla pratica. Durante l’Università (ma non solo) lanciarsi in progetti di comunicazione personali, sui quali si può liberamente sperimentare. E poi cercare corsi di formazione che consentano di lavorare su casi reali. È quello che ho sempre fatto nel corso in Social Media Management all’Università di Torino. E che da quest’anno ho potuto sperimentare anche al corso di Digital Marketing di Young Talent in Action. Si tratta di corsi gratuiti perché finanziati da fondi Forma.Temp che ManpowerGroup realizza in collaborazione con Tree. Sono corsi professionalizzanti in diversi ambiti, dalla data science, alla food innovation, all’IoT e all’Industry 4.0, fino al digital marketing appunto.

Nel 2017 abbiamo sperimentato le prime edizioni a Torino presso il Campus Luigi Einaudi. I corsi hanno consentito agli studenti laureandi e neolaureati di Comunicazione ICT e Media (ma non solo) di approfondire le loro competenze acquisite durante la laurea magistrale con un corso intensivo tenuto da professionisti del settore digitale, tra cui Alessandro Frangioni, Elisa Contessotto, Massimiliano Ceaglio e Gaetano Romeo.

Tra gli studenti che hanno partecipato, gran parte hanno trovato un lavoro. Grazie al corso? In parte sì, perché ha consentito agli studenti di mettere in pratica ed esercitarsi su discipline e strumenti professionali come SEO, Google AdWords, Facebook Ads, Google Analytics. Ma il corso, appunto, non fa tutto lui 😉 Perché essere preparati al mondo del lavoro significa conoscere gli strumenti, ma anche capire come lavorare in gruppo o come relazionarsi con un committente. Per acquisire queste competenze serve una combinazione di corsi teorici, esercitazioni su casi reali, esperienze in azienda ad esempio durante un tirocinio. Questo almeno è come la vedo io, avendo seguito i percorsi di decine di studenti da una decina d’anni a questa parte.

Mi piacerebbe però condividervi anche il punto di vista degli studenti stessi. Ed ecco allora che ho pensato di fare qualche domanda agli studenti di comunicazione con cui ho avuto il piacere di lavorare assieme (nei loro progetti di tesi, durante i loro tirocini) negli scorsi anni.

La prima intervista che vi presento è quella a Carlotta Dell’Osa, ora Social Media Manager presso SoSimple, lavoro che ha trovato una settimana prima della laurea. Ho conosciuto Carlotta nel corso di laurea triennale di Scienze della Comunicazione e ho capito fin da subito che era nata per i social. Ha una creatività un po’ innata, un po’ derivata dallo stare immersa negli ambienti online, dal saperli osservare dal di dentro per viverli, ma anche dal saperli guardare da distante per capirli e replicarne le strategie. Insomma, quello sguardo etnografico del sociologo che serve tanto anche al digital strategist. A cui aggiunge però tanta, tanta voglia di fare, come si può vedere:

 

Hai fatto esperienze di tirocinio? Ti sono servite?

Ho avute tre esperienze di tirocinio curriculare. Tutte e tre mi hanno consentito di capire alcuni meccanismi che la sola didattica universitaria non è in grado di insegnare.
La prima, svolta durante il corso della mia laurea triennale in Scienze della Comunicazione, mi ha insegnato cosa significa rapportarsi con un capo, e come reagire/sopravvivere ai rimproveri, e soprattutto come imparare da essi.
La seconda, svolta nel corso della magistrale, mi ha permesso di capire cosa significa essere indipendenti nel proprio lavoro e assumersi delle responsabilità.
Nella terza, anche questa all’interno del mio corso di laurea specialistica, ho compreso l’importanza di avere iniziativa e non subire solamente gli ordini dall’alto.
In generale il valore aggiunto di un tirocinio trovo che sia riassumibile in termini di: responsabilità, iniziativa, precisione, gestione dell’ansia

Entrare nel mondo del lavoro, è stato… un trauma?

Entrare nel mondo del lavoro, se non avessi fatto delle esperienze di tirocinio durante il mio corso di studi, penso che sarebbe stato a dir poco traumatico.
Studiare senza orari, senza regole, spesso senza metodo e senza pretese di risultato, non ha niente a che vedere con il lavoro.
Un lavoro che si rispetti è infatti fatto di scadenze, è sistematico e deve essere svolto in maniera impeccabile, se non lo si vuole perdere.
In questo l’università non è stato un buon insegnante, troppa libertà, a mio avviso.
Riassumendo la principale problematica nell’affacciarsi al mondo del lavoro è che non vale il Lasseiz Faire, mai.

Quali competenze servono dopo la laurea in comunicazione?

Considerando che spesso si lavora a contatto con persone che svolgono lavori paralleli ai nostri, trovo che sarebbe interessante poter acquisire competenze in altri ambiti.
Questo potrebbe avvenire, ad esempio, lavorando a dei progetti a contatto con persone specializzate di diverse discipline (informatica, grafica, economia).
Questo preparerebbe il laureato in comunicazione, a lavorare in un ambiente, come di solito accade, multidisciplinare.

Cosa hai apprezzato del corso di Digital Marketing Young Talent in Action?

Innanzitutto mi ha consentito di lavorare con studenti con competenze diverse dalle mie e di rapportarmi con le difficoltà del lavoro in team.

Abbiamo poi potuto lavorare a dei progetti di gruppo. Questo è stato stimolante e mi dà le basi per prepararsi al mondo del lavoro.

Chi non riesce a lavorare a questi progetti, secondo me, ha solo due possibilità:
  • continuare a studiare ad oltranza
  • provarci di nuovo
Chi pensa che il problema si possa risolvere lavorando come “freelance” (“tanto io lavoro per conto mio, non ho bisogno di imparare a lavorare in gruppo”), dimentica forse, che anche un lavoratore autonomo deve rapportarsi con dei clienti e spesso con dei colleghi, se vuole guadagnare qualcosa.
Infine ha consentito di confrontarsi con professionisti. Questo permette di vedere elementi che sono oscuri agli occhi di una giovane marmotta (studente).
Per esempio, quello che spesso gli universitari dimenticano studiando, è quello di cercare il lato “funzionale” di ciò che fanno. Ogni cosa deve avere uno scopo, un obiettivo concreto, altrimenti tanto vale non farla.

And now what?!

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