“On the Road” è di una noia pazzesca = FoaF before Internet.

Mi sono annoiata a morte, a leggere On the Road, e ho saltato un sacco di pagine. Un po’ come vedere Lost. Alla fine di ogni puntata mi sarò persa 15 minuti di dormiveglia. Ciò non toglie che siano due culti, di due generazioni e due estetiche diverse, ma che hanno cambiato le cose. O forse, meglio, hanno interpretato un sentire comune e l’hanno messo nero su bianco su un rotolo di carta igienica.
Ok, non forse non era carta igienica, ma io me la sono sempre immaginata così, quella prima stesura della noia pazzesca.

Questo per dire che se non fosse stato per Fernanda Pivano io non mi sarei mai letta una pagina su tre di un culto generazionale. Che mi ha annoiato ma mi ha fatto sentire di appartenere ad un comune sentire che non apparteneva alla quotidianità del mio comune. Perché nel mio comune, all’epoca della mia annoiata lettura, il culto era un articolo 31, uno dei due, non so più quale però. Per cui mentre nel comune s’invocava maria, io preferivo navigare nel beat. E lì che, prima che l’internet mi introducesse nelle autostrade globali dell’informazione, io ho attraversato l’ocean e sono sbarcata in un nuovo continente.

pivano

Invece gli Oceanic 6 non hanno avuto questa fortuna. Perché su un nuovo continente non ci sono mai arrivati, e son rimasti nella terra di mezzo, di un’isola mobile che più mobile non si può. Anche se io non ho capito molto bene cosa è successo perché probabilmente dormivo.
Questo per dire che se non fosse stato per un cugino americano di un amico di un amico io non avrei visto una scena sì e una no del culto di una generazione a cui appartengo più di quanto appartenessi a quella degli dei beat (per questioni anagrafiche) e a quella degli art. 31 (per questioni di gusto).

Questo per dire che, se la Nanda ha importato dall’america 7/8 del mio immaginario letterario, i P2P stanno importando gli 11/4 (importo più di quanto visiono) del mio visionario cine-televisivo. E se, di quell’immaginario ne ho visionato meno del dovuto è perché in fondo il prodotto, in quanto prodotto, alla fine non è che mi interessassi più di tanto. Era tutto quello che ci stava attorno ad essere importante. Il ritmo beat di una generazione che fu, e non fu la mia. Le speculazioni di un’intelligenza collettiva a cui non contribuisco troppo, perchè, dopo le 21.00 di sera, non ho tanta intelligenza individuale da condividere. Però sono culture che mi sfiorano e che mi piace sfiorare.
E poi c’è il beat italiano trasmesso su Canale 5 con la magistrale interpretazione di Valeria Marini. E quello, non so, non è che mi annoia il prodotto. Il fatto è che dietro al prodotto non sento nulla. Ne’ il tempo che fu, ne’ quello che sarà. Ne’ quello che sono, ne’ quello che vorrei essere.
Questo per dire che non c’è peggior produttore di quello che non sa far sentire. E non c’è peggior mediatore, di quello che non sa ascoltare.
La Nanda aveva ascoltato e importato. Adesso non c’è più la Nanda, ma c’è tutto quello che lei ha sentito.
Le reti stanno connettendo e diffondendo. Facendo atterrare gli Oceanic 6 molto prima che l’aereo della tv nazionale decolli.
Perché nella tv nazionale in prima serata c’è il Piper.

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