[The Next Big Thing] microwave party

Stavo per iscrivermi ad Harvard, giusto per poter accedere a quel Facebook così eavy league.
Elle Woods c’era riuscita a farsi ammettere con un home made video in costume da bagno (ad Harvard, non a Facebook).

elle-woods

Però, diciamolo, non sono abbastanza bionda (tra le altre cose) da poter permettermi una rivincita.
Così ho aspettato che diventasse accessibile ai comuni mortali e il 05/10/2006 mi sono iscritta al social network che, qualche mese dopo, avrei definito: “il servizio che non avrà mai successo perché MySpace è meglio.” Poi però, visto che Facebook è diventato il soggetto di un servizio telegiornalistico un giorno su due, mi sono ricreduta. Così c’ho speso dentro (sopra?, sotto?, attraverso?) un’ora su due della mia vita, un po’ per cercare di rafforzare i miei legami deboli, un po’ per studiare i legami + 0 – deboli degli altri.
Poi, dopo 4 anni di iscrizione e 2 di attiva partecipazione, ho deciso di esplorare qualche nuovo campo di ricerca.
E allora ho prenso la bici e sono andata a farmi un giro in cerca d’ispirazione.
Ma al terzo viso gigante di Roberto Cota che mi si piazza davanti e, spuntacchiadomi un po’ di Co2 addosso dal didietro di un bus, mi chiede di seguirlo su Facebook, torno a casa.
Accendo il pc e, per evitare la tentazione di diventare fan di Cota, chiudo la home di Facebook e decido che un altro sistema sociotecnico è possibile. Visto che Internet è diventato un mezzo di comunicazione di massa, io mi metto alla ricerca della prossima nicchia. Googando “Microwave” scopro che non ci sono ancora molte indagini sociologiche su questo fondamentale device. Così comincio a sperimentare: prendo un bicchiere di vetro, lo riempio d’H2O Lete e imposto 99.00 minuti di cottura a microonde. Poi START. Ma, dannazione, una sola particella di sodio è un campione un po’ troppo limitato anche per un’indagine qualitativa.

Così adesso ho tre opzioni davanti a me:
– iscrivermi a chimica inorganica,
– seguire Cota su Facebook,
– avviare una start up per la creazione di microwave party. Ho già abbozzato il progetto:
Device di fruzione: forni a microonde a grandezza umana con impianto DJing integrato.
Target: adolescenti alternativi stanchi dei centri commerciali perchè troppo mainstream e dei rave party perchè ormai datati.
Potenziali finanziatori: enti pubblici locali interessati alla lotta contro le sostanze stupefacenti.
Tagline parents friendly: microwave party? [s]ballo drug free.

Sicuramente i soliti tecnofobici interpretaranno i microwave party come possibili cause di problematiche psicofisiche emergenti: danni celebrali causati dal contatto diretto con le microonde e con i soggetti poco raccomandabili che si incontrano nei sobborghi delle migliori cucine.
Come se invece una passeggiata in centro in un pomeriggio di sole fosse più salutare. L’ultima volta che sono uscita ho sniffato fumi nocivi direttamente dal culo di un bus con la faccia di Cota (4,570 fan). Senza offesa. Ma preferisco le microonde (o anche una Mercedes (4,736 fan), volendo rimanere nell’ambito della politica locale).

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